diario di viaggio del 29.3.2013
MACCHU PICCHU
In lingua quechua picchu significa montagna; wayna significa giovane mentre macchu significa, ovviamente per contrapposizione, vecchio; ecco che le due montagne contrapposte, situate a circa 3000 mt di quota, sono la montagna vecchia, dove viene costruita la citta', e la montagna giovane, dove ci sono anche costruzioni ma che era soprattutto un ottimo ossetrvatorio sulla vallata del fiume sottostante.
Quando partiamo verso le sette il cielo e' fittamente coperto e piove forte ma le guide ci rassicurano che quando saremo sopra non piovera' piu' e la giornata si aprira' piacevolmernte (speriamo sia vero e non lo dicano solo per far stare tranquilli i tanti turisti); saliamo in fila indiana gli ultimi metri prima di arrivare alla "casa del guardiano" e lo spettacolo che si offre agli occhi e' veramente straordinario: la citta' si presenta sotto di noi intatta, come fosse appena finita la costruzione, e anche se non si tratta della citta' perduta vera e propria (ed Hiram Ningham nel 1908, alla ricerca della citta' perduta, appunto, fu solo il "divulgatore scientifico" per il mondo esterno di un luogo ben conosciuto dalla gente del posto) e' incredibile cosa son riuscite a costruire 2000 indios (non schiavi, eh...) ad una altezza di 3000 mt, con le tecniche costruttive di allora, trasportando parte del materiale (la pietra era sul posto in quella che e' chiamata cantera ma tutto il resto arriva dalla valle) dalle valle sottostante.La prima parte che visitiamo e' il cosidetto settore agricolo, terrazzamenti contenuti da pietre (e con un sistema di drenaggio incredibile con sassi, graniglia, sabbia e superiormente humus), nei quali, a seconda della quota, venivano coltivati differenti ortaggi o vegetali.
Entriamo dall'unica porta di accesso alla citta' (al tempo chiusa da un pesante portone in legno di cui restano gli infissi) e ci aggiriamo per i magazzini, le case, i templi cerimoniali, gli ampi spazi erbosi (l'erba viene tagliata in maniera "ecologica": ci sono 14 lama, a cui e' proibito dare da mangiare, che si "incaricano" di tenerla costantemente rasata, eh eh eh eh,,,,) e ancorche' in compagnia di migliaia di altri visitatori ( in questo periodo di bassa stagione arrivano circa 3000 persone al giorno mentre nel periodo della temporada si sfiorano i 5000) sembra veramente di poter incontrare un Inca da un momento all'altro.
La simpatica guida Hamilton (scherza spesso, fa battute,,,ma parla correntemente 5 lingue) ci spiega che a Macchu Picchu vivevano circa 700-800 persone (le riserve d'acqua ritrovate non avrebbero permesso un numero superiore ai 1000 abitanti) e che sole poche volte all'anno l'Inca, unico veramente di etnia Inca in mezzo a tanti quechua, si recava con tutta la sua corte alla citta' cerimoniale; quello che vediamo fu edificato in un periodo di circa un centinaio d'anni e la costruzione fu interrotta dall'arrivo degli spagnoli nella prima meta' del 16^ secolo: l'oro e l'argento, si dice, fu quindi portato via, alla citta' perduta (e mai piu' ritrovata) e Macchu Picchu fu abbandonata e ricoperta dalla selva fino all'arrivo di Bingham, archeologo americano della Yale University, allora alla ricerca appunto della "Citta' Perduta".
Il ritorno ancora in trenino avviene in compagnia di Eduardo .... (il cognome polacco ha troppe consonanti e troppo poche vocali, ve lo risparmio!!), medico argentino di Buenos Aires, colpito ma non in senso positivo dalla troppo turistica Macchu Picchu ed entusiasta invece del viaggio per arrivarci, col contatto autentico con le bellezze del posto e con le persone che ci abitano.
Cari amici, come al solito la giornata termina con la cena, ed al mio ritorno attraverso al buio le calli della zona di San Blas per recarmi ad un ristorantino visto ieri dove mi faccio una bella bistecca di alpaca con il riso e mi bevo un bel Pisco Sour.
E' venerdi santo ed i riti iniziati nel pomeriggio terminano con tutta una serie di processioni dove ogni parrocchia (e sono tante) porta in giro la propria reliquia ricopertta di petali profumati lanciati dalle donne: proprio bello.
MACCHU PICCHU
In lingua quechua picchu significa montagna; wayna significa giovane mentre macchu significa, ovviamente per contrapposizione, vecchio; ecco che le due montagne contrapposte, situate a circa 3000 mt di quota, sono la montagna vecchia, dove viene costruita la citta', e la montagna giovane, dove ci sono anche costruzioni ma che era soprattutto un ottimo ossetrvatorio sulla vallata del fiume sottostante.
Quando partiamo verso le sette il cielo e' fittamente coperto e piove forte ma le guide ci rassicurano che quando saremo sopra non piovera' piu' e la giornata si aprira' piacevolmernte (speriamo sia vero e non lo dicano solo per far stare tranquilli i tanti turisti); saliamo in fila indiana gli ultimi metri prima di arrivare alla "casa del guardiano" e lo spettacolo che si offre agli occhi e' veramente straordinario: la citta' si presenta sotto di noi intatta, come fosse appena finita la costruzione, e anche se non si tratta della citta' perduta vera e propria (ed Hiram Ningham nel 1908, alla ricerca della citta' perduta, appunto, fu solo il "divulgatore scientifico" per il mondo esterno di un luogo ben conosciuto dalla gente del posto) e' incredibile cosa son riuscite a costruire 2000 indios (non schiavi, eh...) ad una altezza di 3000 mt, con le tecniche costruttive di allora, trasportando parte del materiale (la pietra era sul posto in quella che e' chiamata cantera ma tutto il resto arriva dalla valle) dalle valle sottostante.La prima parte che visitiamo e' il cosidetto settore agricolo, terrazzamenti contenuti da pietre (e con un sistema di drenaggio incredibile con sassi, graniglia, sabbia e superiormente humus), nei quali, a seconda della quota, venivano coltivati differenti ortaggi o vegetali.
Entriamo dall'unica porta di accesso alla citta' (al tempo chiusa da un pesante portone in legno di cui restano gli infissi) e ci aggiriamo per i magazzini, le case, i templi cerimoniali, gli ampi spazi erbosi (l'erba viene tagliata in maniera "ecologica": ci sono 14 lama, a cui e' proibito dare da mangiare, che si "incaricano" di tenerla costantemente rasata, eh eh eh eh,,,,) e ancorche' in compagnia di migliaia di altri visitatori ( in questo periodo di bassa stagione arrivano circa 3000 persone al giorno mentre nel periodo della temporada si sfiorano i 5000) sembra veramente di poter incontrare un Inca da un momento all'altro.
La simpatica guida Hamilton (scherza spesso, fa battute,,,ma parla correntemente 5 lingue) ci spiega che a Macchu Picchu vivevano circa 700-800 persone (le riserve d'acqua ritrovate non avrebbero permesso un numero superiore ai 1000 abitanti) e che sole poche volte all'anno l'Inca, unico veramente di etnia Inca in mezzo a tanti quechua, si recava con tutta la sua corte alla citta' cerimoniale; quello che vediamo fu edificato in un periodo di circa un centinaio d'anni e la costruzione fu interrotta dall'arrivo degli spagnoli nella prima meta' del 16^ secolo: l'oro e l'argento, si dice, fu quindi portato via, alla citta' perduta (e mai piu' ritrovata) e Macchu Picchu fu abbandonata e ricoperta dalla selva fino all'arrivo di Bingham, archeologo americano della Yale University, allora alla ricerca appunto della "Citta' Perduta".
Il ritorno ancora in trenino avviene in compagnia di Eduardo .... (il cognome polacco ha troppe consonanti e troppo poche vocali, ve lo risparmio!!), medico argentino di Buenos Aires, colpito ma non in senso positivo dalla troppo turistica Macchu Picchu ed entusiasta invece del viaggio per arrivarci, col contatto autentico con le bellezze del posto e con le persone che ci abitano.
Cari amici, come al solito la giornata termina con la cena, ed al mio ritorno attraverso al buio le calli della zona di San Blas per recarmi ad un ristorantino visto ieri dove mi faccio una bella bistecca di alpaca con il riso e mi bevo un bel Pisco Sour.
E' venerdi santo ed i riti iniziati nel pomeriggio terminano con tutta una serie di processioni dove ogni parrocchia (e sono tante) porta in giro la propria reliquia ricopertta di petali profumati lanciati dalle donne: proprio bello.
l'ultimo spot ti da a Chiclayo, in Plaza de Armas davanti a Interbank. Ho visto qualche foto da google e anche la strada che hai fatto oggi sembra un susseguirsi di bellissimi panorami, e anche la cittadina sembra graziosa.
RispondiEliminaBuon viaggio.
Roby
Si ma mi sono spostato e sono all'hotel Aristi. Domani se riesco provo ad entrare in Ecuador e arrivare a Cuenca (sono 700 km, neanche tanti, ma la strada e' molto dispendiosa....vediamo!!). Grazie caro Roby della costanza con cui mi segui: sai, quando non vedo un Tuo commento mi preoccupo!! Al prossimo post e poi...Ti aspetto a Pontelongo al mio ritorno, ovviamente.
EliminaUn caro saluto come sempre.Ciao ciao.
avevo pensato di venirti incontro al tuo rientro in Italia, vedrò in quel momento come fare...altrimenti verrò prima o poi a conoscerti.
RispondiEliminabuona strada
Roby