Diario di viaggio del 8.4.2013
PUERTO OBALDIA
Non occorre che dica che alle 5 e mezza sono gia' in piedi, che alle 6 e
mezza ho gia' preparato tutto, consumata una bella doccia, fatto colazione;
alle 7 vado a prendere la moto, la carico e alle 7.30 parto per la dogana che
apre alle 8 e si trova abbastanza lontano e incasinata, l;ungo la spiaggia e
dentro la base militare del Batalion Fluvial; ne esco una mezzoretta dopo con
tutti gli incartamenti in ordine e mi dirigo al muelle per l'imbarco. Qui trovo
ad attendermi Yamil, il proprietario della lancia e, circondati da un bel
numero di curiosi, ci spostiamo al luogo scelto per il carico e cominciamo le
operazioni; ci vorra' quasi una ora per effettuare il trasbordo e cercare
l'esatta posizione dove sistemare la moto sulla lancia.
Sono quasi le dieci quando, insieme a Sebastian, argentino ventottenne di
Buenos Aires e una signora colombiana con due marmocchi al seguito, partiamo
dalla baia di Turbo e, dopo il controllo della capitaneria di porto, ci
dirigiamo verso il mare aperto e la costa dall’altra parte.
Il mare e’ agitato e comincio, cominciamo, a prenderci delle belle botte al
“fondoschiena” ogni qualvolta affrontiamo un’onda: ne risente molto il culo ma
ne risente e risentira’ soprattutto la schiena. Dopo un’ora e mezza di questa
tortura siamo in mare aperto e le onde ora sono molto piu’ alte, anche 5-6 mt
e, obviamente, molto piu’ forti sono i colpi che vengono inferti al nostro
martoriato corpo. A Capurgana’, circa 3
ore e mezzo dopo la partenza, c’e’ la migración della Colombia ma sono in pausa
pranzo, fin circa le 2 e poi in siesta, fin verso le 2 e mezzo; con Sebastian,
abbiamo intanto iniziato una buona amicizia, ci aggiriamo per le stradine del
piccolo e bel paesino, anche abastanza turístico, se si vuole, con un ritmo di
vita che definiré lento e’ un eufemismo: la gente, seduta davanti alle case,
chiacchera, beve succhi di frutta, gioca a carte, si gode la giornata!!!
Espletate le veloci formalita’ ripartiamo alla volta di Puerto Obaldia,
un’altra mezzora di tortura micidiale e, scaricata la moto e passato il
controllo della dogana panamense, mi avvio per le strette vie del piccolo borgo
di 300 anime, diretto alla migración; vano spostamento, sono le 16.10 e alle
16l’addetto se ne e’ andato per recarsi al suo “secondo” lavoro presso il
piccolo aereoporto locale: non ha alcuna importanza, si rimanda il tutto, con
tranquillita’, al giorno seguente alle otto del mattino.
Anche Puerto Obaldia segue il lento scandire del tempo del Caribe e allora
anche i due nuovi amici, l’italiano in moto e l’argentino con la mochila (lo
zaino in spalla), si adattano e si godono questa fermata non prevista ma che
lascia e lasciera’ moto spazio al dolce far niente, al godersi le bellezze del
paesaggio, al coltivare le relazioni interpersonali, al farsi cullare dalle
onde….he he he he he ….
In serata conozco anche Emile, francese creollo della Guadalupa, grande
viaggiatore di 65 anni, che parla correntemente francese, spagnolo e inglese,
che ha vissuto in Francia, Costa d’Avorio, Australia, Argentina, Guayana
Francese, e che e’ veramente un amabile conversatore e una bella persona.
Ho pochi soldi (e qui non esistono banche o cambi),
sono bloccato fino all’arrivo di un barco (che tutti aspettano ma che non
arriba da sei giorni, non so’ quanto tempo poi impieghera’ per arrivare fino a
Carthi’ (da dove inizia la strada) o a Colon (il grande porto alla fine del
Canale di Panama), il futuro appare incerto ma…mi sento tranquillo, non
preoccupato, mi godo questo angolo di paradiso in compagnia di gente che come
me sta’ forse cercando qualcosa in se’ o nel mondo attorno: per qualche giorno
provero’ ad estraniarmi completamente dagli assili del dover andaré
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